Palermo: La legalità al centro del processo di trasformazione della
metropoli…Territorio, governance…modernita’.
In questi ultimi mesi a
Palermo ,ed in Sicilia, abbiamo assistito ad una serie di eventi che hanno
contraddistinto il dibattito pubblico nei media , nelle piazze , nelle
universita’ nei centri del potere. Una massiccia campagna che, dopo anni di
connivenze e legami fra le istituzioni e le mafie , vorrebbe ridisegnare
l’immagine della Sicilia , per prepararla ad una iniezione di “modernita’ e di
sviluppo” con la quale stravolgere il
territorio e le abitudini di chi lo abita e lo vive
quotidianamente. Un cambiamento radicale della società che si sta operando
dall’alto e che ha mobilitato una parte importante della società siciliana . Una molteplicità di eventi infatti
si sono scatenati contemporaneamente : una
nuova crociata sulla legalità che
santifica in ogni sua opera la magistratura e le sue sentenze (come hanno fatto
gli utili idioti del centro sinistra
che sono scesi in piazza a festeggiare (?) le dimissioni del governatore
Cuffaro) ; la massiccia campagna contro il pizzo, pagato dai commercianti alla
mafia, portata avanti da associazioni legate al centro-sinistra; le prese di posizione
di Confindustria sulle denuncie delle
estorsioni ; le arringhe di Montezemolo che
dettano le linee guida dello sviluppo nel territorio siciliano nei prossimi
anni. Questi citati , sono tutti elementi che rendono evidente il disegno che i poteri
forti hanno in mente per il futuro della Sicilia, una nuova “primavera “ che
come la prima del 91/92 fatta a suon di stragi, garantisca oggi con l’area
di libero scambio del 2010 un ricambio della classe dirigente della nostra società
ed una modernizzazione forzata della regione. Risulta evidente dopo gli arresti dei boss di
spicco della mafia , che un certo tipo di mafia allo stato non serve piu’ e che
la scadenza del 2010 in
Sicilia sarà uno spartiacque che modifichera’ notevolmente la nostra societa’ ,
le relazioni sociali e gli attori che in essa reciteranno un ruolo di primo
piano. Nel 2010 infatti entreranno in vigore gli accordi per la creazione
dell’area di libero scambio euro-mediterraneo. L’abolizione dei dazi e dei
vincoli favorirà una politica di investimento nei Paesi della sponda
nord-africana al fine di creare “occupazione”, “sviluppo” e “ritorno economico”.
Per la sua fortunata posizione geografica la Sicilia avrà la possibilità ,nei piani dei potenti , di
diventare un centro nevralgico degli scambi e della economia di un’area
vastissima in via di sviluppo, favorevolmente inserita nel quadro geo-politico
della economia europea. Una importante scadenza per il debole e parassitario capitale
siciliano , che intravede nell’apertura dei nuovi mercati, nei finanziamenti
che l’Europa mettera’ a disposizione per favorire questo processo, nella
manodopera a bassissimo costo dei paesi del mediterraneo, una possibilità di
profitto senza pari per le imprese siciliane: per fare questo si realizzera’:
<< un processo di
internazionalizzazione della città che si tradurra’ operativamente nella
riorganizzazione funzionale della città di Palermo finalizzata a dotare il
territorio urbano delle infrastrutture di base, delle strutture ricettive e dei
servizi a valore aggiunto necessari a sostenere questo ruolo, nonché nell’organizzazione
a sistema di questi necessaria a fare assumere alla città capoluogo della
Regione il ruolo strategico di capitale dell’Euromediterraneo. >>
Non è dunque questione di
nuove sensibilità, o di una nuova etica della politica e dell’economia in
Sicilia o ancor meno di una improvvisa centralità della questione Morale ,, né
che la resistenza delle donne e degli uomini al fare neocoloniale dei mercati e
dei loro Stati non trovi altre “occasioni” di organizzazione e lotta, è che
oggi l’attacco ai territori, alla loro
relativa autonomia, ha toccato un limite epocale. L’arroganza dei governi, le
politiche platealmente servili con cui si soddisfano le voglie incontenibili di
profitto dei gruppi economici e militari, che riorganizzano l’intero mondo a partire
dai loro interessi, si riversano direttamente sui territori nelle differenti
forme delle speculazioni edilizie, della precarieta’ totale del lavoro e della
vita, delle grandi assurde ed inutili infrastrutture, della privatizzazione
delle acque, delle basi militari, delle megadiscariche, degli inceneritori,
delle trivellazioni, delle cementificazioni, dell’annullamento delle zone
protette, ed in Sicilia in particolare in questi prossimi anni, sara’ l’area di
libero scambio Euromediterranea che partira’ dal 2010 la svolta’ di modernita’
e di sviluppo capitalista che stravolgera’ il territorio. Per potere
attuare questo progetto , attraverso il paradigma della “legalità” , concetto
vuoto e astratto, dato che la legalita’ ,
vecchia o nuova, viene fuori dai rapporti di forza nella societa’ dove di volta
in volta il concetto di legalità si modifica in base alle azioni , agli
avanzamenti e agli arretramenti dei movimenti sociali e delle conquiste che
negli anni hanno ottenuto, si punta a normare e normalizzare un territorio come
quello Palermitano che da sempre ha espresso livelli di extralegalità ed insubordinazione
diffusi , prova ne è la situazione dei quartieri popolari che, in certe fasi
storiche, si sono rivelati come zone
incontrollate ed incontrollabili da parte dello stato e delle sue forze
dell’ordine.
Mentre Palermo si rifa’ il look cresce l’emergenza
casa
L’emergenza casa è ormai
endemica nella città di Palermo come in tutta Italia.
Sono più di 60 mila le
famiglie che attendono di avere una casa popolare in tutta la Sicilia e oltre la metà
sono concentrate nelle 3 grandi città, Palermo,Messina e Catania.
Nonostante l’emergenza
abitativa cresca di anno in anno, pochi
sono gli interventi delle istituzioni in questo ambito: risale al ’98 l’ultimo grande piano di
edilizia residenziale messo in piedi dalla Regione salvo stanziare 10 milioni
di euro lo scorso anno per realizzare alloggi dove non servono, cioè nei
piccoli comuni dell’entroterra siciliano (1700 sono gli alloggi sfitti nella
provincia di Trapani, 436 nella provincia di Catania e così via)
Da una
ricerca sul fabbisogno abitativo, condotta dall’Università di Palermo, risulta
che da qui al 2011 occorrerebbero 18.000 alloggi, cioè bisognerebbe disporre di
3.000 alloggi l’anno. La giunta comunale non ha nessun programma per fare
fronte a questo fabbisogno.
”Gli abusivi” come vengono classificati dalle istituzioni, cioè gli occupanti
di case popolari assegnate ad altri, sono 3.500.
Dal 2005 al 2008 dovrebbero essere pronti 680 alloggi con interventi di
edilizia sovvenzionata.
Nel centro storico, in gran parte ancora con le rovine della guerra, si
concentra un patrimonio edilizio di 10.000 alloggi, molti dei quali degradati,
fatiscenti e disabitati. Il Comune in tre anni ha realizzato solo 69 alloggi
ERP (Edilizia residenziale pubblica).
A Palermo la risposta dell’amministrazione
comunale nonostante esistano , liste d’attesa infinite per l’assegnazione di
una casa, 10 mila famiglie in graduatoria più altre 2 mila che nemmeno fanno
domanda, è la vendita del patrimonio pubblico a privati e l’espulsione dei
proletari dal centro storico. L’assetto della città cambia in base alle regole
del mercato edilizio e, nonostante gli
innumerevoli tentativi di contrattazione e di dialogo che, nel tempo, abbiamo cercato di instaurare con
l’amministrazione comunale, questa si è sempre dimostrata sorda di fronte alla
rivendicazione di un diritto fondamentale. In questo contesto infatti 7 anni fa
è nata a Palermo la prima esperienza di lotta per il diritto alla casa. L’occupazione, andata avanti per un mese,
della cattedrale di Palermo e di altri luoghi simbolo della speculazione
edilizia e della malsana gestione dell’emergenza casa, manifestazioni
cittadine, presidi e blocchi stradali,tavoli di trattative e liste di emergenza
sono stati il mezzo per fare pressione sull’amministrazione comunale perché
trovasse una soluzione all’emergenza. Anche l’utilizzo dei beni confiscati alla
mafia come soluzione provvisoria nell’attesa di assegnazioni definitive è stata
una conquista dei movimenti di lotta che,
negli anni , hanno ottenuto dei risultati concreti.
Con il passare
del tempo, però, le pratiche della contrattazione e della richiesta si sono
rivelate fallimentari. La controparte, l’amministrazione comunale, si è rivelata
sempre più trincerata dietro la sua posizione di potere, negando ogni
possibilità di dialogo , ostentando i rapporti di forza con minacce di
repressione. L’amministrazione
comunale dimostra la sua non volontà di affrontare in modo concreto l’emergenza
abitativa in svariati modi: quando fa promesse per reprimere la lotta; quando concede le briciole svilendo la dignità
di chi rivendica un diritto e facendo leva sui bisogni; quando, soprattutto, nega l’esistenza di beni di proprietà del
comune da adibire ad abitazione.
In questo contesto nessuna
contrattazione è possibile . Le case ci sono e ce le prendiamo.
Da ciò nasce l’esigenza di
abbandonare alcune pratiche per intraprenderne altre che siano più radicali e
concrete. Riappropriarsi degli spazi e garantire
a se e ai propri figli il diritto alla casa significa ribaltare i rapporti di
forza e sfuggire al ricatto di chi crede di poter speculare sui bisogni dei
proletari. La lotta per la casa è uno dei terreni di intervento e pratica
politica che a Palermo ha contribuito in
questi anni maggiormente a tenere vivo il livello del conflitto sociale dentro . Innanzi tutto bisogna ribadire che la lotta
per la casa deve necessariamente inserirsi, almeno in prospettiva, in un
percorso più ampio mirato alla riappropriazione
del reddito al di fuori e oltre il
lavoro essendo l’emergenza abitativa un elemento cardine della
contraddizione capitale-lavoro. Il bisogno casa dunque non può in alcun modo
essere scisso da altri percorsi che corrono su binari vicini. Anzi se la lotta
per la casa ha un valore aggiunto è proprio perché rappresenta un percorso
potenzialmente unificante per proletari/e che vivono situazioni differenti. In
questa fase, il problema casa va ad investire fasce di persone altrimenti non
abituate a percepirsi come sfruttati/e, e quindi tradizionalmente poco
interessate a forme conflittuali di lotta.
In una città in cui il mercato immobiliare è completamente in mano agli
speculatori, fasce sempre più ampie della popolazione sono escluse dalla possibilità
di acquistare o affittare un appartamento in città. Sempre più persone sono
allontanate dal tessuto urbano verso le nuove periferie situate nell’hinterland
provinciale. Chi , in qualche modo, si rifiuta di abbandonare la città, sempre
più frequentemente opera scelte come la coabitazione o si sobbarca il peso di
un affitto o di un mutuo pari o quasi al proprio reddito mensile.
Una lotta basata sulla riappropriazione pura e semplice, appare ben più
realistica di alcune piattaforme rivendicative volte al riconoscimento
istituzionale del "diritto alla casa" e alla mediazione con le
istituzioni.
Su un livello più generale, riteniamo limitante un piano di intervento
meramente rivendicativo in quanto rischia di presupporre di fatto le
istituzioni come tramite per il soddisfacimento dei bisogni di classe. E’
ancora centrale che i percorsi di lotta
debbano essere autonomi e contrapposti alle istituzioni che esistono in
quanto enti gestori degli interessi di padroni e speculatori.
Ad un anno e mezzo circa di distanza dalle ultime elezioni politiche, il governo Prodi non ha mostrato nessun segno di
discontinuità con i precedenti governi
sul tema delle politiche abitative.
Poco o niente è stato fatto per affrontare una situazione che diviene
di giorno in giorno sempre più
disastrosa ed esplosiva; una vera e propria
emergenza sociale senza freni e paracadute.
Sempre più persone non ce la fanno più a pagare affitti impossibili,
diventano insolventi di fronte a mutui a 25 o 30 anni che rappresentano delle
vere e proprie ipoteche sulla vita;
sempre più persone sono costrette a subire
la violenza di uno sfratto (oltre il danno la beffa), a vivere in situazioni di coabitazione forzata o nelle
nuove baraccopoli del 2000; sempre più persone non ce la fanno più ad arrivare
alla fine del mese strette nella morsa
del caro vita e della precarietà.
5) i conflitti possibili
Di fronte a questi scenari i
movimenti sociali hanno tentato di adeguarsi , con creatività e cooperazione ,
allo stravolgimento del territorio . A Palermo come in tante citta’ di Europa
si e’ costruita l’Euromayday , un momento importante che ha dato forza a tant@
precari@
dispersi nella metropoli , ed
ha rappresentato nell’immaginario, il primo organizzato momento di ribellione
collettiva del precariato metropolitano contro la societa’ della precarieta’
istituzionalizzata.
Dopo un anno di riflessione
e di pausa noi proveremo ad adeguare questo evento alla costruzione
dell’opposizione sociale ad un processo di valorizzazione e modernizzazione
della Sicilia, che da qui a qualche anno potrebbe modificare radicalmente le
relazioni sociali e territoriali da noi fin qui conosciute , verso una
“modernita’” e “normalita’” che non vogliamo nemmeno immaginare. Questa e’ una
ipotesi di lavoro che ci siamo dati e con la quale vogliamo rilanciare in forme
nuove, che in questi mesi elaboreremo collettivamente, l’evento Euromayday a
Palermo , mantenendo quali rivendicazioni principali quella di un Reddito
Garantito lavoro o non lavoro e della casa per tutti , coscienti del fatto che
piu’ aumentera’ il livello di “modernizzazione” e di “sviluppo” nella nostra regione, maggiormente sara’ pronunciata la precarieta’ totale della vita del lavoro e delle relazioni sociali.
Centro Sociale ExKarcere
Collettivo Universitario autonomo
Precari dello Spettacolo
Comitato Autorganizzato Senza Casa
http://myspace.com/palermomayday
http://isole.ecn.org/excarcere