Un Ponte di guerra

di Antonio Mazzeo

Opporsi alla realizzazione del Ponte sullo Stretto non risponde solo a
obiettivi di difesa del territorio e dell’ambiente o di lotta ai
modelli socioeconomici e trasportistici di stampo neoliberista. Attorno
al progetto ruotano infatti gli interessi dei Signori delle guerre che
insanguinano il pianeta. A promuovere il Ponte c’è il capitale
transnazionale che controlla l’industria bellica e le imprese impegnate
nelle costruzione delle basi militari. L’eventuale costruzione del
Ponte sarà inoltre l’occasione per dare impulso ai processi di
militarizzazione del Sud Italia.

Verso la militarizzazione dello Stretto di Messina

Intervenendo ad un convegno pro-Ponte organizzato nel 2005 dalla CISL,
l’allora presidente della Commissione parlamentare antimafia, sen.
Roberto Centaro (AN), si soffermava sui rischi d’infiltrazione mafiosa
nella gestione degli appalti per la realizzazione dell’opera,
preannunciando le “contromisure” che il governo intendeva adottare.
“I servizi segreti saranno operativi – ha affermato Centaro – e se
necessario non si esiterà ad attuare un’operazione sullo stile dei
Vespri Siciliani, anche se rinunciare alla militarizzazione sarebbe una
prova di forza da parte delle istituzioni”.
Uomini dei servizi e militari dunque per presidiare i cantieri del
Ponte sullo Stretto, in una riproposizione della sventurata stagione
post-stragista del 1992, quando l’allora governo Amato inviò in Sicilia
i reparti dell’Esercito del Centro-Nord per presidiare strade, porti,
ponti, infrastrutture produttive, finanche abitazioni private.
Un’operazione di “controllo del territorio” che contribuì al processo
di militarizzazione dell’isola fornendo un’occasione unica e
irripetibile alle forze armate per sperimentare ruoli di controllo
“interno” e di “ordine pubblico”, funzioni poi esportate nei principali
scacchieri di guerra, dalla Somalia alla ex Jugoslavia, sino alle
recenti missioni in Afghanistan ed Iraq.1

Per assicurare la “pax sociale” nell’area dello Stretto di Messina, il
nuovo governo Berlusconi si avvarrà così dello strumento predisposto
dal ministro Ignazio la Russa (AN), quei 3.000 volontari super
specializzati delle forze armate pronti a presidiare i “punti
sensibili” del territorio nazionale (discariche e megainceneritori,
vecchie e nuove centrali nucleari, cantieri delle grandi opere, ecc.).

Meno noto ma certamente più costoso sarà invece il dispositivo
armamentistico che dovrà essere predisposto per la difesa vera e
propria della megainfrastruttura.
Come denunciato da anni dai pacifisti locali, l’eventuale realizzazione
del Ponte di Messina genererà una vera e propria rivoluzione
dell’assetto militare nel Mezzogiorno d’Italia.

Nella seconda metà degli anni ’80, il ministero della Difesa presentò
un rapporto segreto (denominato “Coefficiente D”), in cui venivano
analizzati gli interventi necessari per un eventuale utilizzo
dell’infrastruttura per esigenze di tipo militare e per assicurare la
protezione del manufatto in caso di crisi internazionale, minacce
terroristiche o di vero e proprio conflitto armato. Sin da allora il
tema della “difesa del ponte” apparve agli strateghi uno dei problemi
più complessi da affrontare. Il generale Gualtiero Corsini, in un suo
intervento su una rivista specializzata delle forze armate, parlò di
“grossi problemi di vulnerabilità del ponte”, data la sua
sovraesposizione “ad ogni tipo di attacco con navi, aerei o missili”.
Secondo il generale Corsini, il ponte sullo Stretto era destinato a
diventare “punto sensibile di dimensione strategica probabilmente non
comparabile con alcun altro obiettivo esistente in Italia”.
“Il risultato di un’azione offensiva contro una tale opera – aggiungeva
il militare – sarebbe in ogni caso “eccezionale” specie per i contenuti
di “simbolo”, politici e psicologici, che un attentato
all’infrastruttura verrebbero ad assumere”.
Osservazioni quasi profetiche, considerando gli scenari internazionali
apertisi dopo l’11 settembre 2001 con l’attacco aereo alle Torre
Gemelle di New York.

Nel suo intervento il generale Corsini non si sbilanciava a
quantificare gli oneri finanziari per la difesa militare del Ponte,
anche se li definiva “altissimi” in quanto si sarebbero dovuti
approntare “una molteplicità di sistemi aerei, missilistici e
artigliereschi con base a terra e su mezzi navali”.2

Contemporaneamente all’inizio dei lavori per il Ponte sullo Stretto e
allo sbarco dei nuovi “Vespri Siciliani” è dunque ipotizzabile
l’installazione di sistemi di missili terra-aria tra Scilla e Cariddi,
l’utilizzo degli scali “civili” di Reggio Calabria e Lamezia Terme per
il rischiaramento di cacciaintercettori e bombardieri, l’ennesimo
potenziamento della base aeronavale di Sigonella (dove stanno per
giungere i velivoli senza pilota Global Hawk) e dei porti militari di
Messina ed Augusta, la “cessione” alla NATO del porto di Gioia Tauro,
la predisposizione di una “cintura navale” nel Basso Tirreno e nello
Ionio magari utilizzando l’arcipelago delle Eolie ed i porti di
Milazzo, Giardini-Naxos, Giarre-Riposto e Catania (come avvenuto
durante le crisi USA-Libia e la prima Guerra del Golfo).3

Dalle basi Usa al Ponte

Analizzando alcune delle società impegnate nella progettazione e
realizzazione della megaopera nello Stretto di Messina, è possibile
individuare un ulteriore aspetto del rapporto Ponte-militarizzazi

one.
Esse, infatti, sono contestualmente tra le protagoniste nella
costruzione e ampliamento delle principali basi USA e NATO in Italia. E
non solo.

Impregilo, ad esempio, capofila dell’associazione temporanea d’imprese
general contractor per i lavori del Ponte, nel 2006 ha concluso i
lavori di ammodernamento dell’aeroporto militare di Capodichino
(Napoli), a disposizione delle forze aeree della US Navy e della NATO
operanti nel Mediterraneo e nello scacchiere mediorientale. Sino al
giugno del 2006, la stessa Impregilo, tramite la controllata Impregilo
Edilizia e Servizi, deteneva il 60% delle quote sociali di “Gricignano
3”, società attiva nei servizi di facility management presso l’ospedale
della Marina militare americana di Gricignano d’Aversa (Caserta).4

Dalla Colombia al Guatemala, dalla Nigeria al Kurdistan, dal Lesotho
all’Islanda, la società ha inoltre firmato alcune delle opere
infrastrutturali più devastanti dal punto di vista ambientale e
sociale.5 Attualmente Impregilo è impegnata in Italia nel completamento
di due tratte dell’Alta Velocità ferroviaria a maggiore impatto
socioambientale, la Bologna-Firenze e la Novara-Milano, nonché nella
costruzione del passante autostradale di Mestre.

In cordata con Impregilo per i lavori del Ponte c’è poi l’azienda
leader della Lega delle Cooperative, la CMC – Cooperativa Muratori
Cementisti di Ravenna, che arriverà nello Stretto con i manager ed i
mezzi che operano ininterrottamente da dodici anni nella base nucleare
di Sigonella, trampolino di lancio di tutte le operazioni di guerra
degli Stati Uniti in Africa e Golfo Persico.

Lo scalo aeronavale di Sigonella sorge a pochi chilometri dalla città
di Catania. La base è al centro di un vasto programma di potenziamento
infrastrutturale. Nel gennaio 2008 si sono conclusi i lavori del
cosiddetto “Mega IV Multiple Buildings Naval Air Station”, con la
realizzazione di una scuola all’interno di NAS1 (la zona adibita a
centro residenziale per i militari americani) e di altri sette edifici
con varie destinazioni d’uso, prevalentemente uffici ed officine,
nell’area operativa di NAS 2 (lo scalo aeroportuale con i depositi di
armi e gli hangar per cacciabombardieri e pattugliatori). L’intero ammontare dei lavori, per un valore di 59,5 milioni di euro, sono stati appannaggio della CMC.

Nella base Sigonella, la cooperativa di Ravenna ha pure portato a
termine le opere del Piano Mega III, finanziati nel 2001 dal
Dipartimento della Marina degli Stati Uniti. Con il Mega III sono stati
realizzati strade, parcheggi, piazze, aree attrezzate a verde, sei
edifici polifunzionali, un centro commerciale ed un complesso sportivo
e ricreativo per le truppe USA. Ancora più sostanzioso il valore di
questo programma: alla CMC sono andati infatti 76,3 milioni di euro.
Altri 80 miliardi di vecchie lire erano finiti invece alla “coop” nel
1996 per il Piano Mega II (la realizzazione di alloggi per i
sottufficiali americani ed altre sei palazzine adibite a uffici e
centri operativi).

La cooperativa “rossa” compare poi nel consorzio che dovrà realizzare
la galleria di circa 10 chilometri a Venaus, in Val di Susa,
nell’ambito dei lavori per l’Alta Velocità ferroviaria Torino-Lione. E,
come se non bastasse, nel marzo 2008 le forze armate USA hanno
sottoscritto con la CMC un contratto per 245 milioni di euro per la
costruzione delle infrastrutture che ospiteranno nell’aeroporto Dal
Molin di Vicenza, i militari in forza alla 173^ Brigata Aerotrasportata
dell’US Army, attualmente operativa dalle basi di Camp Ederle
(Vicenza), Bamberg e Scweinfurt (Germania).6
Al banchetto di guerra, la CMC di Ravenna parteciperà insieme al CCC –
Consorzio Cooperative Costruzioni di Bologna, il colosso della Lega
delle Cooperative di cui la stessa CMC è socia.7

Tornando in Sicilia, merita segnalare il ruolo pro-Ponte e pro-basi di
importanti società di costruzioni locali. La Demoter di Messina, ad
esempio, azienda leader nella movimentazione terra, affermatasi pure in
Trentino Alto Adige, Toscana e Calabria, è stata la subappaltatrice del
consorzio Ferrofir (Astaldi-Di Penta-Impregilo) nella realizzazione
della lunga galleria dei Peloritani tra Villafranca Tirrena e Messina,
predisposta in vista del costruendo passante ferroviario del Ponte
sullo Stretto.

Nel maggio 2005, la Demoter ha inoltre rilevato gli ultimi lotti per il
completamento, sulla A-20 Messina-Palermo, degli svincoli ai quartieri
di Giostra e Annunziata, previsti come penetrazione autostradale verso
Capo Peloro e la futura torre siciliana del Ponte. Per questi lavori,
la Demoter si è associata con la veneta Cordioli e C. e con A.I.A.
Costruzioni di Catania, società che ha realizzato un edificio “per la
gestione delle munizioni” nella base aerea USA di Aviano, l’air
terminal per passeggeri e merci della base NATO di Napoli Capodichino e
alcuni alloggi per i militari statunitensi di stanza in quest’ultima
infrastruttura militare.
L’A.I.A Costruzioni ha inoltre partecipato alla realizzazione del nuovo
aeroporto di Catania Fontanossa (utilizzato periodicamente da velivoli
militari delle forze armate italiane e statunitensi); dell’albergo “Navy Lodge”, dell’ospedale “Med-Dental” e di un complesso scolastico della base USA di Sigonella.

La società messinese Demoter ha pure eseguito lavori per 5,2 milioni di
euro per il completamento del cosiddetto “Residence Mineo” che ospita,
nel territorio dell’omonimo comune siciliano, quattrocento alloggi
familiari per il personale americano in forza a Sigonella.
Si è trattato di un intervento realizzato per conto della Pizzarotti
Parma, altro colosso italiano delle costruzioni che ha partecipato alla
gara per il general contractor del Ponte in cordata con il gruppo
Astaldi di Roma.

La stessa Pizzarotti ha realizzato in Sicilia il complesso “Belpasso
Housing” che ospita 526 alloggi indipendenti per il personale USA di
Sigonella. L’azienda di Parma è una dei maggiori leader nella
realizzazione di basi militari in Italia. Nel 1979 le fu affidata la
realizzazione di una serie di infrastrutture all’interno della Stazione
aeronavale di Sigonella quando la base fu scelta dagli strateghi di
Washington come baricentro dei nuovi piani di penetrazione militare nel
Mediterraneo orientale e in Medio Oriente e come base avanzata in
Europa della Rapid Deployment Force, la Forza d’Intervento Rapido delle
forze armate USA. A metà anni ’80 la Pizzarotti ha poi partecipato alla
costruzione di numerose infrastrutture nella base di Comiso (Ragusa),
utilizzata dalla US Air Force per l’installazione di 112 missili a
testata nucleare.8

Più recentemente (anno 2003), il “Department of the US Navy” ha
assegnato alla Pizzarotti i lavori di costruzione di un complesso di
edifici da adibire a residenze per 300 marines, nella base di “Camp
Ederle”, Vicenza, per un importo di oltre 20 milioni di euro. La
società di Parma ha poi eseguito i lavori di ristrutturazione e di
ampliamento delle banchine della base navale USA di Santo Stefano
(arcipelago de La Maddalena), utilizzata sino a qualche tempo fa come
base appoggio per i sottomarini nucleari i stanza nel Mediterraneo.

Un’altra partner d’Impregilo e CMC nella progettazione e costruzione
del Ponte, Società Italiana per le Condotte d’Acqua, a fine anni ’80
partecipò ai lavori di realizzazione dello stabilimento Alenia
Aeronautica di Nola (Caserta). Allora la società era di proprietà del
gruppo IRI ed era presieduta dal generale Mario de Sena, ex comandante
dell’Arma dei Carabinieri. Nel 1994 Condotte passò poi sotto il
controllo di Iritecna che in quegli anni era pure azionista della
Stretto di Messina Spa.9

Lo stabilimento Alenia di Nola è utilizzato oggi per la costruzione e
l’assemblaggio di componenti destinati a velivoli civili e militari.
L’attività produttiva di Alenia Aeronautica comprende, tra gli altri,
il C-27J, aereo da trasporto tattico, o gli ATR42MP e ATR72ASW,
velivoli appositamente sviluppati per missioni di pattugliamento
marittimo. Alenia riveste inoltre un ruolo chiave in alcuni dei
programmi militari internazionali più importanti, come l’Eurofighter
Typhoon, il Joint Strike Fighter F-35 e il dimostratore UCAV europeo
Neuron.

Mercanti di morte

Ancora meno noto come la Società Stretto di Messina, concessionaria
pubblica per la realizzazione del Ponte, abbia avuto nel proprio
consiglio d’amministrazione alcuni dei rappresentanti più significativi
del complesso militare industriale italiano.

Giuseppe Zamberletti, Presidente della Stretto di Messina, è stato uno
dei politici particolarmente attivi nella campagna orchestrata dalle
grandi imprese militar-industriali per la modifica della legge 185 del
1990 che regola l’export di armi, a favore della piena
“liberalizzazione” in materia. “Siamo contro le norme, introdotte
dall’area parlamentare più utopistica e massimalista, realmente
assurde, come quelle relative ai paesi in via di sviluppo”, ha
dichiarato lo stesso Zamberletti, in occasione di un seminario
organizzato nella primavera del 1999 dall’Istituto ricerche e
informazioni difesa (Istrid), insieme alle maggiori aziende belliche
nazionali.10

Il nome di Giuseppe Zamberletti fu inserito nella lista del governo
ultraconservatore che doveva essere insediato dopo il cosiddetto “golpe
bianco” dell’ex partigiano Edgardo Sogno, previsto per l’agosto 1974,
al culmine di una lunga stagione di sangue e di bombe neofasciste. Il
governissimo per la restaurazione dell’“ordine sociale”, il cui
programma presentava sorprendenti analogie con il Piano di Rinascita
Democratica di Licio Gelli e della P2, prevedeva la presidenza di
Randolfo Pacciardi, ministro della difesa Edgardo Sogno e
dell’industria, appunto, Giuseppe Zamberletti.

Emmanuele Emanuele, sino all’aprile 2005 nel consiglio
d’amministrazione della società concessionaria per il Ponte, è
consigliere dell’Agusta S.p.A., una delle protagoniste del mercato
mondiale degli elicotteri da guerra (un fatturato di oltre 2,5 miliardi
di euro ed un portafoglio ordini per oltre 7,6 miliardi).
L’Agusta opera in joint venture con la britannica Westland ed è
controllata da Finmeccanica, la holding a capitale pubblico che ha
assorbito le maggiori aziende italiane operanti nel settore militare,
aerospaziale e dell’energia nucleare. Oltre ad Agusta, Finmeccanica
controlla Alenia Aeronautica, Selenia Communications, Ama, Aermacchi,
Galileo Avionica, AnsaldoBreda ed Ansaldo Energia.

Casualità vuole che l’odierno presidente del consiglio
d’amministrazione di Impregilo sia Massimo Ponzellini, manager
cresciuto all’ombra dell’ex presidente del consiglio Romano Prodi. Dopo
aver ricoperto l’incarico di direttore generale del centro studi
Nomisma e dirigente superiore dell’IRI, Ponzellini passò a sedere nel
consiglio d’amministrazione di Finmeccanica. Da vicepresidente della
BEI (la Banca Europea per gli Investimenti),
nel 2001 Massimo Ponzellini aveva espresso la disponibilità del suo
istituto a “sostenere fino al 50% il finanziamento del Ponte sullo
Stretto”.11

Amministratore delegato della holding di controllo del complesso
militare industriale italiano è stato Alberto Lina, sino allo scorso
anno amministratore delegato di Impregilo. Altro ex consigliere
d’amministrazione di Finmeccanica è stato pure il dott. Pietro Ciucci,
odierno amministratore delegato della Società Stretto di Messina, ma
soprattutto presidente di ANAS, l’ente che è ormai l’azionista di
riferimento della concessionaria pubblica per la realizzazione del
Ponte.
Del Cda di Finmeccanica è stato pure membro il professor Ernesto Monti,
presidente del Gruppo Astaldi, grande sconfitto nella gara per il
general contractor del Ponte.

Del penultimo consiglio d’amministrazione della Stretto di Messina
S.p.A., hanno fatto parte due uomini che ricopriranno poi un ruolo
determinante nel cosiddetto processo di “ricostruzione” delle
infrastrutture distrutte dai bombardamenti USA in Iraq: l’on. Vito
Riggio, e l’ex manager Montedison, Lino Cardarelli.

Vito Riggio è uno dei consiglieri d’amministrazione del “Consorzio
italiano infrastrutture e trasporti per l’Iraq”, con sede legale a Roma
e soci ANAS, Ferrovie dello Stato, Italferr, Ente nazionale per
l’aviazione civile ed ENAV.
Al consorzio è stata affidata l’attuazione del piano generale dei
trasporti iracheno dalla CPA, l’Amministrazione della coalizione
occupante (il governo provvisorio guidato dagli Stati Uniti e dagli
“alleati”). Organo della CPA è il PMO (Program management office),
l’organismo delle forze d’occupazione che coordina gli aspetti
economici, finanziari e industriali della ricostruzione e di cui è
stato nominato vicedirettore, appunto, Lino Cardarelli.

Transnazionali del Terrore

Il Program Management Office ha distribuito milioni di dollari ai
general contractor chiamati alla ricostruzione di aeroporti, porti,
reti stradali e infrastrutture petrolifere iracheni. Le società,
ovviamente, sono in buona parte statunitensi; tra esse spiccano
innanzitutto Bechtel, Luois Berger e Parsons, tutte concorrenti
all’affare del Ponte sullo Stretto.

Bechtel è forse il maggior colosso militare-industriale-nucleare
mondiale, ma esercita un ruolo predominante anche nel settore
energetico, dei servizi e del controllo privato delle risorse idriche.
Con sede a San Francisco (California) e un fatturato annuale di oltre
15.000 milioni di dollari, Bechtel è profondamente radicato nelle forze
armate e nell’establishment politico repubblicano degli Stati Uniti. Il
vice presidente di Bechtel Corporation, Jack Sheehan, è stato sino al
1998 generale dell’U.S. Marine Corps, e ha ricoperto pure l’incarico di
responsabile del NATO’s Supreme Allied Commander Atlantic, e comandante
in capo dell’U.S. Atlantic Command.
Del consiglio d’amministrazione di Bechtel ha fatto parte per un lungo
periodo George Shultz, potente ex segretario di stato degli Stati Uniti
d’America durante la presidenza di Richard Nixon. Consulente legale di
Bechtel è stato pure l’ex segretario della difesa, Caspar Weinberg,
mentre Kenneth Devis, odierno vicepresidente del gruppo californiano,
ha occupato l’incarico di vicesegretario per l’Energia
dell’amministrazione di Gorge Bush padre.
Gorge W. Bush figlio ha invece nominato il presidente del board
esecutivo, Riley P. Bechtel, quale membro del proprio Consiglio di
Presidenza per le Esportazioni.

Bechtel ha progettato il Canale della Manica, tra le realizzazioni più
fallimentari della storia dei trasporti. La società, inoltre, è stata
tra le prime nel 1997 ad offrire alla Stretto di Messina la
disponibilità alla partecipazione progettuale ed esecutiva del Ponte;
nello stesso anno i suoi manager incontravano a Messina i vertici della
Società Stretto e l’allora presidente, oggi onorario, Nino Calarco.12

Nonostante Bechtel International Inc. sia stata presente alla fase di
pre-qualifica per l’individuazione del cosiddetto “Project Management
Consultant” (PMC), che avrà il compito di svolgere le attività di
controllo e verifica della progettazione definitiva, esecutiva e della
realizzazione dell’opera da parte del Contraente Generale, il gruppo
californiano non ha presentato un’offerta alla gara effettuata a fine
2005.
Probabilmente alcuni degli innumerevoli impegni assunti con
l’amministrazione Bush avranno indotto il management della società a
ritenere meno vantaggioso il rapporto costi-benefici del Ponte.

Bechtel, infatti, oltre a contratti per milioni di dollari in Iraq, è
impegnata con la Lockheed Martin nel nuovo programma di potenziamento
del sistema missilistico nucleare e di sorveglianza spaziale avviato
nell’atollo Kwajalein (“Reagan Test Site”), Isole Marshall per conto
dell’U.S. Army Space and Missile Defense Command. Altri appalti per
circa 5 miliardi di dollari sono stati ottenuti dal Dipartimento per
l’Energia degli Stati Uniti per sviluppare gli impianti di
processamento di uranio per la fabbricazione di testate nucleari di Oak
Ridge, Tennessee.
Bechtel Corporation gestisce inoltre la stazione per i test nucleari
del Nevada, dove vengono eseguiti in profondità e con cadenza periodica
i cosiddetti “esperimenti subcritici” (dal costo di circa 20 milioni di
dollari l’uno).13

Anche il gruppo Louis Berger, società d’ingegneria con sede in New
Jersey, ha concorso, senza successo, al bando di gara per il Project
Management Consulting (PMC) del Ponte sullo Stretto. Oltre che in Iraq,
Louis Berger è presente nella ricostruzione di importanti
infrastrutture nell’Afghanistan sotto occupazione internazionale.

La gara per il PMC è stata invece vinta da Parsons Transportation Group
che così seguirà la progettazione definitiva del Ponte sullo Stretto di
Messina.
Colosso statunitense del settore d’ingegneria e costruzioni, Parsons ha
sede a Pasadena (California) e filiali in oltre 80 paesi del mondo.

In Iraq, il Program Management Office della coalizione militare
internazionale occupante, ha affidato al gruppo Parsons contratti per
milioni di dollari per la ricostruzione di decine d’infrastrutture
civili e militari. Parsons Transportation Group, che per il regime di
Saddam Hussein aveva realizzato il ponte “14 luglio” sul Tigri e la
megacentrale elettrica di alimentazione della città di Bagdad, nonché
progettato la metropolitana sotterranea della capitale, è stato inoltre
contrattato dal Corpo d’Ingegneria dell’Esercito USA per lo “sminamento
e la distruzione di armi” ed il recupero delle maggiori reti
petrolifere e dei gasdotti irakeni.
Per conto dell’US Air Force, il gruppo Parsons ha riabilitato le
infrastrutture della base aerea di Taji, oggi una delle più importanti
aree operative delle forze armate della coalizione alleata. La società
statunitense è infine subappaltatrice del colosso Bechtel International
Inc. per la realizzazione di un megaprogramma infrastrutturale (sistemi
idrici, ospedali, centri educativi, caserme, stazioni di polizia e
prigioni) coordinato dal PMO e finanziato in parte da USAID, l’agenzia
di cooperazione USA.

In Iraq, contratti complessivi per 200 milioni di dollari sono finiti
invece alle imprese italiane “amiche” del Ponte, principalmente
Snamprogetti e Tecnimont (in gara per il Project Management Consultant
dell’opera) e Techint della famiglia italo-argentina dei Rocca, a capo
dell’impero internazionale dell’acciaio e azionista di riferimento di
Impregilo sino alla primavera del 2007.
La stessa Impregilo continua ad aspirare ad importanti commesse civili
nel martoriato paese arabo. La società di Sesto San Giovanni è del
resto di casa nello scacchiere mediorientale: nel piccolo emirato di
Abu Dhabi, Impregilo ha realizzato numerosi dissalatori e la più grande
moschea del mondo.

Ancora ad Abu Dhabi, Giuseppe Zappia, l’imprenditore italo-canadese che
avrebbe operato per conto di Cosa Nostra per finanziare il Ponte sullo
Stretto, ha progettato un acquedotto di oltre 400 chilometri ed
ottenuto ben otto contratti di costruzioni civili. Negli Emirati Arabi
Zappia ha anche lavorato alla realizzazione di campi base utilizzati
dalle forze armate USA per sferrare i suoi attacchi all’Iraq durante le
due più recenti Guerre del Golfo.

Il Ponte è certamente un mostro del capitalismo senza alcuna parvenza umana.

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