Insieme abbiamo dato vita alla manifestazione del 22
gennaio 2006. Quella giornata segnò il punto
di arrivo di un percorso più che decennale che
a partire da una ristretta area di attivisti è giunto
mobilitare decine di migliaia di persone ed ha fatto
del movimento contro il ponte un laboratorio politico
e sociale capace di far convivere al proprio interno
anime molto differenti tra di loro. Fu probabilmente
quella manifestazione a segnare il punto di svolta
di un’intera area politica (quella dell’allora centro-sinistra)
che fino a quel momento (si faccia eccezione per rifondazione
comunista, verdi e comunisti italiani) si era mantenuta
su posizioni in larga misura favorevoli all’opera.
Fu quella manifestazione a segnalare l’avversione
al ponte di una parte consistente dell’opinione pubblica.
Quel segnale venne raccolto sul piano elettorale e
tradotto nella formula di "opera non prioritaria" nel
programma del Governo Prodi (operazione che ha fermato
la costruzione del ponte, ma che ha lasciato sul campo
la Stretto di Messina Spa ed il contratto con il general
contractor).
Oggi ci troviamo a dover nuovamente affrontare l’offensiva
dei fautori del Ponte.
Sostenuti da Berlusconi, che
ne ha sempre fatto una sua bandiera, e dal Presidente
della Regione Sicilia Lombardo, che guarda evidentemente
con grande interesse ai flussi finanziari che ne deriverebbero,
i pontisti si apprestano se non proprio a costruirlo
(rimangono, infatti, inalterati gli interrogativi dal
punto di vista ingegneristico e del finanziamento)
ad aprire un capitolo di spesa dentro il quale, di
volta in volta, far confluire le risorse a disposizione
per progettazione, sbancamenti, movimento terra, info-point
ecc.
Va detto, peraltro, che sulla politica delle grandi
opere si gioca in parte il futuro delle condizioni
materiali di vita di tutti. L’utilizzo dei fondi Fintecna
(originariamente destinati alla costruzione del ponte
e poi stornati dal Governo Prodi per opere infrastrutturali
in Sicilia ne Calabria) per coprire i mancati introiti
causati dall’abolizione dell’Ici sulla prima casa
dimostra che i soldi per le grandi opere saranno ricavati
dalla riduzione delle spese sociali (istruzione, sanità,
servizi). Da questo punto di vista l’agire nell’ambito
del generale Patto di Mutuo Soccorso tra le comunità
in lotta contro le devastazioni territoriali dà un
significato politico ulteriore alla nostra battaglia.
Facciamo, quindi, appello a tutti perché si
rimetta in moto la mobilitazione contro il ponte, affinché si
comincino a tessere nuovamente quelle relazioni virtuose
che ci hanno consentito di fermarli la prima volta,
per costruire un percorso di iniziative che ci porti
a realizzare, magari proprio a gennaio prossimo, a
tre anni di distanza, una nuova grande manifestazione.
Luglio 2008
RETE NO PONTE